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L’antico stregone tahitiano Konu si sta ancora adattando alla routine della moderna Waikiki, dove è stato mandato per compiere una missione sacra: guarire e ridare speranza alla popolazione. Strappato cinquecento anni or sono dal suo amato Loho, Konu ha una relazione con Jason, che gestisce il rifugio per senzatetto della città. Ma la vita non è facile: Jason è sempre stressato e preso da mille impegni, e Konu si ritrova spesso a rimpiangere il passato…
La situazione prende una strana piega quando lo stregone finisce risucchiato nella Waikiki di cinquecento anni prima, e trova Loho ad aspettarlo. Inizialmente, Konu non chiede altro che giacere fra le braccia del suo amato, ma poi si rende conto di amare anche Jason… Quello che ancora non sa è che una ragazzina terrestre l’ha seguito in questo girovagare fra i due mondi, e ora la sua scomparsa minaccia l’equilibrio dell’isola. Konu è l’unico che può scongiurare questa catastrofe spirituale, ma per riuscirci dovrà trovare un modo per fare ritorno a quegli sfavillanti sogni di peridoto.
Loho lo abbracciò e lo baciò. Konu ricevette con passione i suoi baci, assaporando l’amore dell’altro uomo e le lacrime di entrambi.
«Ua here vau ia oe» disse contro la sua bocca – una, due, tre volte. Era un sogno. Un miracolo. Uno splendido, sublime sogno. Ripeté le parole d’amore. La lingua tahitiana era molto diversa dall’hawaiano. Disse «Ti amo» in inglese, pur sapendo che Loho capiva il tahitiano. Gli provocava un piacere supremo che Konu parlasse in tahitiano mentre facevano l’amore.
Konu non riusciva a credere alla bellezza del suo uomo. Desiderava toccare il suo volto e baciargli i piedi. Solo allora avrebbe saputo con certezza che Loho era reale. Interruppe di colpo un bacio con la lingua, orripilato dal suo stesso comportamento.
Cadde in ginocchio e baciò i piedi nudi che non pensava avrebbe mai più rivisto.
«Scusami, scusami! Non volevo baciarti in pubblico… è solo che mi sei mancato così tanto».
Posò le labbra sulla pelle bronzea dei suoi piedi. Sentiva il profumo di terra e di erba. Gli cinse le caviglie con le braccia.
«Oh, amore mio». Loho si chinò in avanti, rivelando con le lacrime la profondità del proprio tormento. «Ti prego, Konu. Alzati».
Ma Konu non poteva. Aveva amato quell’uomo con tutto se stesso, e lo amava ancora. Rimase aggrappato ai suoi piedi.
«Non mi lasciare. Ti prego, non mi lasciare. Mi sei mancato così tanto». Sollevò lo sguardo sul suo bellissimo viso. Aveva dimenticato la leggerezza, il colore chiaro dei suoi capelli. Erano quasi biondi grazie alle ore passate sotto il sole eseguendo gli ordini del grande capo. La pelle però era scura. Molto scura. Loho era forte. Lo sollevò in piedi afferrandolo sotto le ascelle.
Di nuovo faccia a faccia, gli occhioni grandi e castani di Loho recavano tanta tristezza e speranza insieme che Konu poté soltanto trattenere il fiato. Cosa poteva dire, quando avrebbe voluto raccontargli tutto? Loho gli asciugava le lacrime dal volto, ma queste continuavano a cadere. Indossava solo un lava-lava. Era la sua uniforme. Una sera, insieme alla signora Niamura, Konu aveva visto un film intitolato Tarzan. In quel momento, Loho gli sembrava proprio come Tarzan.