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È un giorno di sole come tanti altri a Waikiki quando dall’oceano emerge un individuo di straordinaria bellezza e prestanza, sconvolgendo i presenti. Si chiama Konu, è uno degli antichi stregoni il cui potere dimora ancora nelle sacre pietre, ed è venuto da molto lontano – da Tahiti – per ristabilire l’equilibrio nella battaglia invisibile fra il bene e il male.
Senza uno straccio d’abito a coprire la sua nudità, Konu si dirige al recinto dove sono ammassate quattro grosse rocce che la maggior parte dei turisti neanche degna di uno sguardo. Sono le Pietre degli Stregoni, posizionate fra la spiaggia e il passaggio pedonale del Kalakaua Avenue. La vista di una giovane di origine asiatica che stende con noncuranza un telo sulle pietre lo indispettisce al punto da spingerlo a intervenire, attirando ancora di più l’attenzione generale. Un poliziotto vorrebbe arrestarlo per indecenza, ma il nonno della ragazza, scambiandolo per un senza tetto un po’ svitato, gli offre il suo aiuto.
Apparso dal nulla nella Waikiki dei giorni nostri, Konu è sconvolto e traumatizzato dai cambiamenti; in più, ben presto si rende conto di essere solo. Riuscirà a trovare il proprio posto sull’isola… e forse anche l’amore?
Si levò dalle gelide, oscure profondità dell’oceano, la sofferenza e la paura che lo dilaniavano mentre la sua forma umana si plasmava lentamente ed emergeva, invocando aria. Dolce aria preziosa. Doveva respirare. Quando infine incespicò sulla sabbia bollente, il calore gli scottò i piedi, ma il dolore al corpo svanì appena fece i primi respiri affannati e profondi. La sua forma umana era talmente strabiliante da sembrargli perfetta, nonostante i piedi doloranti.
Non era questione di ego. Da cinquecento anni gli era proibito di godere del proprio corpo fisico, terreno.
Sono vivo. Sono umano. Sono qui!
Smaniava dal desiderio di fermarsi e… esserci, assorbire l’istante per cui aveva a lungo atteso, ma Konu percepì su di sé gli sguardi della gente in spiaggia. I lunghi capelli neri gli si appiccicavano al viso e alle spalle, bagnati dall’acqua di mare. Con gli occhi passò in rassegna la massa dei corpi sulla riva… le striscioline di tessuto colorato che indossavano.
Era venuto da molto lontano. Sotto il riparo delle tenebre, con le stelle come unica guida, era giunto nel luogo chiamato Waikiki. Ora, nella luce del tardo pomeriggio, logorato nelle forze, era stato costretto ad abbandonare l’inviolabilità del mare. Aveva tentato di attendere la notte, ma era stanco… tanto stanco.
Per cinquecento anni, la sua anima e quelle dei quattro stregoni insieme ai quali aveva operato, avevano osservato in attesa.
In lontananza, ai margini della sabbia, intravide delle grosse bestie… suoni possenti, lo sfavillio del fuoco delle torce tiki, il bagliore dei sorrisi. Udì delle risa e una dozzina di lingue diverse che cozzavano fra loro. Poi le vide. Le immagini, i suoni, tutto si placò. Ebbe un colpo al cuore alla vista delle pietre.
Le sue pietre.
Avvampò di rabbia quando una giovane donna stese un asciugamano spesso e colorato sulla cancellata, toccando uno dei quattro massi che rappresentavano il mana sacro degli antichi stregoni del quindicesimo secolo – Kapaemāhū, Kapuni, Kahāloa e… Kinohi, il nonno di Konu. Konu era stato il quinto stregone, il sacro guardiano delle pietre… fino a che non lo avevano bandito.
«Ehi!» gridò la giovane mentre lui strappava via l’asciugamano bagnato dalla cancellata in ferro che circondava le pietre e lo gettava a terra.
Sul tessuto stropicciato vide la parola Aloha.